Relazione di chiusura progetto

Novembre 2006 – Relazione di chiusura progetto – Relazione di apertura processo presentata alla riunione del Gruppo Africa, Cattolica, 26-11-2006  di Marco Rocco

Del progetto Congo vorrei parlare partendo da quello che c’è là oggi, da ciò che vedreste voi se andaste là oggi.

Partendo da lontano: dr. Mundama, medico, dirigente del Ministero della Salute del nord KIWU: ha creduto nel progetto dall’inizio; ha esaminato e consegnato i diplomi agli allievi infermieri dentali e odontotecnici nell’agosto 2005. Ora chiede che:

  • Si aiuti nella didattica per il secondo gruppo di allievi
  • I volontari relazionino direttamente a lui dopo ogni missione sul lavoro del laboratorio e dell’ambulatorio e sul livello di preparazione e di aggiornamento dei nuovi allievi e degli operatori già diplomati.

In Congo (un paese in grande trasformazione democratica) quest’anno è stato fatto un censimento degli operatori sanitari (è stato rilasciato un tesserino) per autorizzare all’esercizio della professione.

Anche gli infermieri dentali e gli odontotecnici diplomati nel nostro progetto sono stati censiti e autorizzati dal ministero a svolgere una mansione sanitaria pubblica in tutto lo stato del Congo.

L’assemblea generale: 30 persone circa, di ogni età che hanno lavorato alla costruzione e si preoccupano della manutenzione dell’ambulatorio e del laboratorio: è la base del governo del progetto, mentre il comitato è l’organo ristretto.

Il comitato della scuola: (Kasereka, Matzoro, Kaindo, Turi, Brigitta, Ephrem, Pecos, Gilbert, Maria.) cura la gestione della scuola (ambulatorio e laboratorio), la scelta dei nuovi allievi, listino prezzi, stipendi; ha potere decisionale sulla politica sanitaria della struttura, sulle spese e valuta il bilancio.

Gli utenti: arrivano dal villaggio e dai dintorni a piedi, in bicicletta, in moto e qualcuno in auto con fiducia nella professionalità degli operatori, e consapevoli che i prezzi sono abbordabili.

I ragazzi diplomati l’anno scorso: MwaminiBeatriceEsperanceTiziana, Beatrice (dettaKimbulu), NarciseMatsoroKavira (Makoma), KahindoFasilaBartolomeoNyavingi. Oggi sono veramente bravi: merito dei maestri che hanno avuto (in primis Laura Cometti e Sergio e poi tutti gli altri che si sono succeduti), ma anche del loro impegno a capire, ad attuare e a migliorare le tecniche apprese.

Lodevole l’armonia che c’è nell’equipe, e la consapevolezza di aver ben acquisito un’arte e di aver la disponibilità di trasmetterla ai nuovi allievi. Il nuovo parroco e il curato credono nella prevenzione e permettono agli infermieri dentali di organizzare assemblee con centinaia di persone cui insegnano l’igiene orale. Con molta attenzione la gente segue l’insegnamento e interviene con domande pertinenti! Il preside di una scuola elementare manda una scolaresca  per settimana all’ambulatorio, per ricevere istruzione sull’igiene orale.

E veniamo alla struttura: dotata di ambulatorio con due poltrone, laboratorio perfettamente arredato e dotato di tutto, magazzino materiali, locali tecnici.

Attività svolte:

  • Informazione all’igiene
  • Pulizia del tartaro
  • Piccole otturazioni
  • Avulsioni dentarie con anestesia
  • Laboratorio: protesi totali
  • Protesi parziali in resina

Muhanga (a 120 Km da Lukanga, 10-14 ore di viaggio ) ci sono già un laboratorio e un ambulatorio dentistico nei locali del dispensario. Ci sono le attrezzature che però devono essere ancora istallate. Anche qui nuovi allievi vengono già istruiti dai diplomati che a turno di 1 mese si trasferiscono qui da Lukanga per insegnare agli allievi. Perciò il primo progetto si può dire brillantemente concluso, ma già ne è partito un altro sullo stesso cliché.

Per continuare il nuovo progetto didattico (ma sarebbe più corretto non definirlo riduttivamente progetto, ma meglio “processo didattico e di crescita”) occorre:

  • Un tecnico che vada a Muhanga x istallare i riuniti e la nuova attrezzatura.
  • Mettere a punto i programmi di insegnamento scrivendo i testi in italiano e poi tradurli in francese e in swaili (lingua locale).
  • Trovare testi in francese con buona iconografia, un cranio con mandibola.
  • Organizzare un team di insegnanti italiani e locali per insegnare a infermieri e odontotecnici e periodi di didattica, distribuendo i programmi.
  • Contattare e coinvolgere gli insegnanti del primo corso per conoscere tempi e difficoltà dell’apprendimento.
  • Mettere a punto sistemi di valutazione e come comunicare l’andamento del corso al dr. Mundama.
  • Decidere sui protocolli operativi e sulla didattica e di come accordarsi con i volontari in missione.
  • Sostenere l’immagine e la capacità professionale degli (ex)allievi per limitare il fenomeno della diminuzione di lavoro in assenza dei volontari italiani.

Rileggendo questo programma mI viene da sorridere sull’efficientismo tipico di noi occidentali. In Congo, questo nostro modo di organizzarsi da noi molto apprezzato,  cozza con la mentalità locale e non la spunta….Dobbiamo prepararci ad adattarci alla mentalità diversa, disponendoci ad apprezzare ciò che è diverso. In una scuola valida gli allievi non si devono adattare ai ritmi degli insegnanti, ma i docenti si adattano ai ritmi dell’apprendimento

Al primo corso di Lukanga qualcuno degli allievi era quasi analfabeta. Con la pazienza dei compagni e dei maestri tutti sono arrivati al diploma inteso non come pezzo di carta, ma come capacità professionale e soprattutto umana: la corsa al successo non consiste nell’arrivare primi, ma nell’arrivare tutti insieme.

Questa è la grande lezione dell’Africa.

Dai padri canossiani

Agosto 2005 “Dai padri canossiani” di Maria Lora Cristallo e Camillo Amirante

Dopo anni di “mal d’Africa”, decidiamo per questa volta di approdare in un posto nuovo, il Brasile. All’arrivo, all’aeroporto di Rio, ci attende padre Sergio per condurci alla parrocchia di San Sebastiano in Piabetà, dove da anni opera come missionario canossiano.   L’ambulatorio che ci ospita è stato realizzato grazie all’impegno della nostra associazione partner: gli Amici di Piabetà onlus.

L’accoglienza sua e di tutta la comunità parrocchiale è di un calore e di una cortesia che la gente nostrana sembrano aver perso o dimenticato e che sorprendono perché provenienti da chi quotidianamente si trova a dover affrontare, per vivere, una realtà molto dura. Arrivati in parrocchia, prendiamo alloggio in un piccolo appartamento adiacente l’oratorio, alle spalle della chiesa, e dotato di bagno, angolo cottura e svariati posti letto; facciamo, inoltre, la conoscenza di padre Josè, di Grazia, Marta e Vera che aiutano in cucina, di Epimaco il falegname, ed andiamo, dopo esserci rifocillati, a visitare l’ambulatorio.

Padre Sergio da subito ci ha accordato ampia fiducia ed autonomia riguardo la gestione della struttura e dell’orario di lavoro, accompagnandoci, inoltre, ad acquistare il materiale di cui avevamo bisogno. Nelle due settimane di permanenza abbiamo cercato di assistere quanti più pazienti possibile, perlomeno una quindicina al giorno, cercando di effettuare, quando si poteva, anche più cure in una sola seduta.

A fine giornata ed alla fine della nostra esperienza non ci siamo sentiti stanchi e spossati ma gratificati e soprattutto arricchiti perché i sorrisi e le lacrime di gratitudine che ci hanno regalato queste care persone valgono più di tutto quello che possediamo o crediamo di possedere.

Tutto comincia con un piccolo aeroporto alle porte dell’Amazzonia

Agosto 2006 “Tutto comincia con un piccolo aeroporto alle porte dell’Amazzonia” di Riccardo Negri

Decollo da San Paolo, direzione Francoforte ma soprattutto Europa. Fine di un lungo viaggio, di una lunga esperienza di vita. Sostituisco il rumore sordo dei motori dell’aereo alle note di Refazenda, Gilberto Gil, nel tentativo di ripercorrere a ritroso il mese trascorso oltreoceano e raccogliere in un pugno di pensieri e parole i sentimenti che mi hanno accompagnato in questo cammino.

Perchè propria di questo si tratta: una somma di emozioni dettate dall’anima stessa del Brasile che si rivela attraverso i suoi bambini, la sua natura, le sue strade la sua gente. Ricordo l’attesa, che come sempre rende il meritato sapore alle esperienze, come un misto di timore e entusiasmo, poi la partenza, il viaggio, i disagi e le attese, accompagnate da un impressione di incertezza e paura. Del resto lunghe permanenze in paesi di cui non conosco nulla non fanno parte delle mie abitudini; mi chiedevo che cosa avrei mangiato, se avrei potuto curare la mia igiene con regolarità, se mi sarei adattato alla cultura e abitudini del luogo.

Tutte domande lecite per chi come me, occidentale (e cocco di mamma), è abituato a tutti i comfort, alla cucina della nonna, alla doccia tutti i giorni, a trasporti comodi e rapidi. Tutto comincia con un piccolo areoporto alle porte dell’Amazzonia, tre volti sorridenti ad accogliermi, il convento, gli altri ospiti, il primo delizioso succo di frutta e la prima notte dall’altra parte del mondo.

Insieme a me ci sono Daniela, odontoiatra, con il figlio Daniele e il marito Gigi, oltre a Bruna, Laura e Mariele, tre giovani animatrici. Il convento è accogliente, e all’inizio sembra un labirinto di cortili, aule d’asilo, corridoi, refettori e dormitori, la vita al suo interno è frenetica. L’equipaggio è formato dalla madre superiora suor Flavia e da suor Sida, instancabili, da suor Maria e da Nazarè sempre sorridenti e solari e infine suor Rina, grande cuore e inarrestabile motore. All’interno del convento tutte le mansioni sono equamente distribuite e vige una vera organizzazione democratica. Si cucina a turno, nessuno serve a tavola ma tutti si alzano per servirsi, c’è chi cuce e chi lava, chi gestisce i trasporti e chi segue l’aspetto sanitario.

La parte preponderante della missione è l’asilo che ospita 350 bambini e un oratorio che funziona da doposcuola e raccoglie i bambini del quartiere allontanandoli dal lavoro minorile e dalla delinquenza di strada. L’aspetto sanitario è seguito da Suor Rina che coltiva direttamente nel suo orto i rimedi fitoterapici destinati ai pazienti, inoltre sono presenti un ambulatorio odontoiatrico, uno pediatrico e uno di medicina generale. Daniela ed io con l’aiuto dell’inesauribile assistente, gestivamo l’aspetto odontoiatrico privilegiando soprattutto l’attività educativa e preventiva sui bambini; Bruna, Laura e Mariele insieme agli animatori locali preparavano attività ricreative nell’oratorio e nell’asilo. Nella missione tutto ruota intorno ai bambini.

Il Brasile stesso è i suoi bambini. Impossibile non avvertire fin da subito la loro grande presenza. Confesso di non aver mai ricevuto e dato così tanti abbracci.   Abbracci fatti di una semplicità dignitosa e al contempo  dolcissima… Ecco perchè in principio ho parlato di sentimenti. Perchè questa esperienza mi ha lasciato fotografie di emozioni più che di paesaggi, persone o chiese. La mia terra sembra così distante.

Non esiste per noi odontoiatri una ricompensa pecuniaria paragonabile ad un abbraccio disinteressato; non esiste un sorriso che non sia sentito e vissuto con l’intensità della più pura emozione.

Si dimenticano lo stress e le velleità che in occidente imbavagliano il cuore.

Ci si riavvicina all’essenza di ogni gesto dimenticando che dall’altra parte del mondo tutto è solo un mezzo al servizio delle nostre ambizioni.

Analizzando la mia esperienza, senza la pretesa di renderne universali i contenuti, mi accorgo che è stata soprattutto interiore e che probabilmente ho ricevuto dal Brasile e dalla sua gente più di quanto io abbia cercato di donare; e tutto ciò in maniera involontaria, spontanea e inaspettata.. Non credo che serva approfondire con sterili descrizioni le escursioni, le visite ai villaggi, la splendida flora e fauna locale, tutto ciò andrebbe vissuto e sentito.

Nonostante il mio rapporto con Dio e con la religione sia ormai terminato da molti anni, la vita nel convento a contatto diretto con persone che hanno fatto di Dio la ragione della vita è stato intenso e accrescitivo, mi ha permesso di riappropriarmi di una spiritualità che avevo dimenticato.

Ci sono state discussioni sincere, aperte sul modo di percepire la vita, sui valori, sui rapporti con gli altri e non è stato necessario fingere per potersi conformare…

E domani rinizierà il lavoro. Dovrò sorridere cento volte a cento persone che quantificheranno la qualità del mio lavoro con altrettanto denaro. Ma io so già che questi sorrisi non mi riempiranno il cuore, ma saranno solo una maschera. E così ora che son tornato ho dato il mio personale significato alla parola saudage. Certo una profonda malinconia per i luoghi, i paesaggi, le persone incontrate lungo il cammino, la musica ma soprattutto una profonda malinconia per il calore della gente, la sua semplicità che non necessita di apparenze e nello stesso tempo ti riavvicina alle manifestazioni più vere e sincere della vita.

Grazie Brasile.

I perché di un progetto

di Luca Gazzetti

Un sorriso, un movimento muscolare quasi naturale per esprimere, se non gioia, per lo meno serenità, cordialità, disponibilità verso il prossimo.
Così naturale che si dà quasi per scontato che, dietro di esso, vi sia quel supporto chiamato dentatura, che completa questa gradevole espressione dell’individuo verso il mondo.

Ma non sempre è così.
Accade in tante zone del pianeta, anche in terre che si immaginano gaudenti, felici, come il Brasile, paese che si vorrebbe tutto Samba, calcio e spensierato divertimento con bellezze esotiche.
Piabetà, ad appena sessanta chilometri dalla sfavillante e mastodontica Rio de Janeiro è
l’emblema del lato oscuro di una terra ove l’Equità sociale vale solo per un ceto di privilegiati.

Il Sistema sanitario brasiliano può essere sia pubblico che privato.
Il che non deve però trarre in inganno chi pensa ad un servizio simile a quello europeo.
Ciò che è definito Pubblico è un Sistema che non consente un’assistenza sanitaria degna di questo nome a tutti i cittadini.

Chi può permetterselo, preferisce rivolgersi ai privati.
Ma per molti è un lusso impraticabile: impossibile permettersi cure spesso inaccessibili per guadagni a volte scarsi, costretti quindi ad affidarsi ad un sistema che privilegia le prestazioni cosiddette essenziali.
E le cure odontoiatriche non sono considerate tali.
A torto, perché l’importanza di una perfetta dentatura, specie in Brasile ove l’estetica è fondamentale anche per gente che, seppur povera, riesce a mantenere quella dignità di base di chi non si lascia andare, non si abbandona al degrado fisico e morale, non è solo semplice fattore estetico.
A parte i problemi non indifferenti di masticazione, ingestione dei cibi, e di fonetica, una buona dentatura è il modo per presentarsi al mondo, gestire la propria immagine nelle relazioni sociali o professionali, per poter insomma trovare un lavoro.

E lavoro significa sostentamento, affermazione personale, contributo positivo alla società, progresso.
Cosa assai difficoltosa per ragazzi e ragazze ancora nel fiore degli anni già precocemente rovinati, nemmeno trentenni con bocche da ottantenni, incisivi e molari ormai perduti per carie mai curate, un’errata alimentazione e scarsa igiene orale.
Chi assumerebbe mai una persona sdentata o comunque con denti guasti, seppur di aspetto gradevole, che quando parla, emette suoni sgradevoli per la mancanza degli incisivi?

L’importanza del centro odontotecnico diviene così fondamentale, insieme all’attività di SMILE MISSION.
Valerio Corradini è uno dei massimi promotori di questa grande iniziativa di solidarietà in Brasile, a Piabetà.
In qualità di Odontotecnico, più volte ha attraversato mezzo mondo, arrivando a undicimila chilometri dalla sua Scandiano, fino all’emisfero australe non per godersi le bellezze di Copacabana, ma per lavorare.
E duramente.
E, come tanti altri volontari, senza alcuna retribuzione ma, anzi, sostenendo di tasca propria le spese non indifferenti del viaggio.
Ma la solidarietà veramente sentita non ha tempi né guarda ai dettagli.
Viene fatta.
Perché l’unica priorità diviene le cercare di ridare il sorriso a persone che si apprestano ad entrare nel mondo del lavoro e nella società che, altrimenti, non avrebbe mai potuto permettersi di migliorare vedendosi negata ogni possibilità.
Superando non poche difficoltà gestionali in un mondo altrimenti in balia di sé stesso, ove l’arte di arrangiarsi è di ordinaria routine.

Ma lui non si è dato per vinto.
Con una semplice valigia stipata dagli strumenti essenziali del mestiere e molto ingegno, è riuscito a dare nuova linfa vitale a una situazione altrimenti degenerata.
In quelle che dovevano essere vacanze (perché sono ferie quelle che si prendono in Italia i volontari di SMILE MISSION, non permessi retribuiti), ha lavorato senza sosta, permettendosi una sola pausa per il pranzo, arrivando a sera esausto, ma soddisfatto, convinto dell’assoluta giustezza della sua opera perché sa che permette la ripresa della vita.
Ma, come sempre, è la questione economica a dettare legge, al di là delle nobili intenzioni.
Il ricambio da attrezzature datate e spesso mediocri ad altre efficienti, gli arredi e i materiali di consumo per istituire un laboratorio odontotecnico degno di tale nome costano.

E parecchio. Soprattutto di fronte all’ingente necessità di interventi.
Che, è bene ricordare, non si limitano alle semplici protesi: SMILE MISSION cura, oltre ai restauri protesici, un’attenta opera di educazione alimentare e igiene orale, pedodonzia e prevenzione, formando volontari locali per il proseguimento dell’attività, forte del vecchio detto di Confucio “Dammi un pesce e mi sfamerai per un giorno.

Insegnami a pescare e mi sfamerai tutta la vita”.

Occorre denaro.
Che purtroppo non cade dal cielo.
SMILE MISSION vive grazie alla generosità di volonterosi sostenitori, persone di buona volontà che vogliono condividere la loro fortuna con chi non ne ha avuta offrendole una possibilità, una chance per il futuro.

Perché mai sostenere uno sforzo simile?
Appoggiando persone disinteressate la cui unica missione (SMILE MISSION) è riportare il sorriso e, insieme, un briciolo di felicità a chi è preclusa ogni possibilità solo perché nato nel posto sbagliato.
Nello specifico di questa associazione, significa soprattutto sapere di non buttare risorse a fondo perduto, perché ciò che viene dato non si perde nei mille rivoli oscuri cui spesso si maschera la generica parola “solidarietà”.
SMILE MISSION è un investimento concreto per futuri cittadini produttivi in una grande e promettente società, destinata a farsi valere non solo nella regione.

Da Piabetà

Agosto 2010 – di Emanuela Gressani:

Sono arrivata all’aeroporto di Rio de Janeiro di sera ed ho trovato al mio arrivo il sorriso accogliente di suor Ernestina, italiana, che mi ha fatto sentire subito bene. Suor Ernestina è una  donna eccezionale,dolce e affettuosa che ha dedicato la sua vita alla cura dei più deboli,vivendo la sua missione in prima linea,per esempio nei 9 anni passati  nell’inferno di Timor est.

Siamo arrivate alla casa delle madri canossiane poco dopo, una bella casa nel centro cittadino di Piabetà, dove mi hanno accolto le altre tre suore che vivono insieme a lei,brasiliane di varia provenienza. La mia sistemazione era confortevole ,mi hanno messo a disposizione una cameretta con bagno ed avevo la possibilità di usare una comoda e spaziosa cucina messa a totale disposizione dei volontari.

Nel periodo di agosto, le madri organizzano un programma di intrattenimento e gioco(tipo oratorio) per tutti i bambini che vogliono partecipare e che vengono accolti sia all’interno della casa (al piano inferiore c’è la mensa,sala giochi, sala computer) che in un’altra area coperta e con un bel giardino sita dall’altra parte della strada.

Proprio per sostenere questo progetto che si chiama “agosto feliz” ,erano arrivate un bel gruppo di volontarie dall’Italia ,tutte giovani studentesse ,due mamme ed una madre canossiana che si occupavano delle attività con i bambini divisi in 2 turni,uno al mattino ed uno al pomeriggio. A dirigere le loro attività c’erano due volontarie italiane ,Michela e Romina,operanti a Piabetà da molto tempo, molto brave,instancabili.

Oltre a me,per il settore odontoiatrico , c’era un odontotecnico italiano Eros Magi anche lui ospitato all’interno della casa. Per quanto riguarda il settore di mia competenza ho potuto lavorare in modo soddisfacente,anche perché sia il riunito che le attrezzature ed i materiali nell’insieme erano di buon livello,considerando la realtà del luogo.

L’unità operativa è abbastanza nuova,c’è il radiografico ,l’autoclave,le buste per sigillare,strumentario per la conservativa, l’endodonzia  e la chirurgia di base. I trattamenti più frequentemente effettuati sono stati :

  • otturazioni in materiale composito
  • otturazioni in amalgama
  • trattamenti canalari
  • ricostruzioni post endodontiche con perni tipo dentatus
  • estrazioni
  • ricostruzioni con corone in resina
  • ablazione tartaro

I miei pazienti erano di tutte le età, ma per la maggioranza  giovani e naturalmente molti bambini anche tra  quelli che venivano per  l “agosto feliz”. In particolare c’è da dire che la situazione orale dei giovani e giovanissimi pazienti è molto scadente un po’ per mancanza di attenzione da parte delle famiglie, un po’ a causa dell’alimentazione particolarmente ricca di zucchero (i dolci costano poco),per cui spesso già  nei giovani si può vedere assenza dei primi molari permanenti perché estratti in seguito a carie (in Brasile costa meno estrarre,quindi le madri stesse  chiedono di togliere ai figli il dente che fa male).

Nei pazienti adulti,grazie all’ottima collaborazione con il tecnico  Eros Magi(bravissimo!) ,siamo riusciti ad effettuare anche trattamenti protesici con placche rimovibili e protesi totali,dopo trattamenti conservativi o di bonifica.

L’orario di ambulatorio è dalle 8.30 alle 12  e dalle 14 alle 18 ed i pazienti prendono appuntamento dalla madre Eugenia che è la responsabile degli ambulatori,si occupa dei materiali (tutto quello che serve si può comprare a Rio) della manutenzione delle apparecchiature (se serve  si può chiamare un tecnico per il riunito),conosce tutte le persone che arrivano ,fa da traduttrice se serve…..insomma insostituibile e molto decisa quando ci vuole, ma anche tanto tanto dolce.

Sia per il tempo da impiegare che per il tipo di trattamento da effettuare  mi sono trovata a decidere sempre in autonomia,certo cercando di adeguarmi alle abitudini della casa e dell’ambulatorio, ma comunque sempre i base a quello che pensavo fosse meglio o mi sentivo di fare.

Il resto della giornata viene scandito dal pranzo (se ci sono altri volontari si può mangiare insieme,altrimenti con le madri oppure si può uscire) e dalla cena  (stessa cosa ).Volendo si può fare un giro per il paese,dove ci sono negozi,supermercati,banche e tutto quello che può servire,oppure avendo più tempo(il sabato e la domenica non si lavora) si può facilmente arrivare Rio,che è semplicemente una delle più belle città del mondo!!

Per quanto riguarda  Piabetà e tutta la zona circostante (chiamata baixata fluminense)  è un’area piuttosto povera, molto popolata e con molti problemi ,anche  a causa del traffico di droga che dalle favelas di Rio è arrivato fino a qui. Noi volontari non abbiamo avuto mai problemi di nessun tipo,anche perché tutti sanno cosa andiamo a fare e ci rispettano per l’impegno che mostriamo.

Personalmente non mi sono mai sentita in pericolo o in difficoltà,conoscevo già il Brasile (quello turistico però),la lingua e le abitudini e quindi non ho avuto mai nessun problema,ma penso che anche chi non ha mai lavorato in un ambiente come questo ,in un posto così lontano dall’Italia e abbia  voglia di impegnare un po’ del suo tempo lavorando in questa missione possa farlo tranquillamente e con grande soddisfazione.

Le madri canossiane mi hanno fatto sentire come a casa,sono donne speciali… …attraverso il loro esempio si può vedere concretamente un diverso modo di vivere… Lavorando si può essere utili veramente tanto, la gente di Piabetà mi ha mostrato tutta la sua riconoscenza e l’affetto e quando sono andata via  la commozione era nei loro occhi e nei miei.

Vorrei dire a tutti i colleghi che tutti noi possiamo fare un ‘esperienza come questa,in fondo si tratta di rinunciare a poco,ed in cambio si riceve tanto. Ognuno può farlo con la sua capacità lavorativa,avendo viaggiato poco o tanto.

La mia esperienza è stata molto interessante,rimane solo un po’ di amarezza perché si vorrebbe fare di più,curare più persone,avere più tempo,proprio perché si capisce che in questi posti c’è molto da fare. E farlo magari con un sorriso. Perché molti pazienti si sedevano terrorizzati, ma una parola gentile ed un sorriso li ha fatti sentire ,forse, un po’ meglio.

 

Da Sao Joao la storia di una missione

Agosto 2011 “Da Sao Joao la storia di una missione” di Giorgio e Vittorio Magnano

Puoi leggere la relazione e guardare le foto cliccando su: sao joao-2011

La mattina dell’8 Agosto a Rio

Agosto 2012  “La mattina dell’8 Agosto a Rio” di Benedicta Tedeschini

Puoi leggere la relazione e guardare le foto cliccando su: Rio-agosto2012

Fortaleza

Agosto 2013 “Fortaleza” di Tommaso Guidetti e Laura Crinelli 

Puoi scaricare il pdf con la loro testimonianza e le foto cliccando su: Brasile Fortaleza 2013

Con l’Albania nel cuore

di Gianfranco Barone e Antonella Giuliano, con Giuseppe, Diletta e Camillo – agosto 2005

Dopo un lungo anno di duro ed ininterrotto lavoro nel nostro nuovo studio dentistico di Campobasso, sono finalmente arrivate le tanto attese vacanze di agosto, periodo di riposo, di svago e soprattutto di desiderio di trascorrere momenti sereni con i nostri tre figli nelle “piccole dimore” di mare e di montagna Molisana.

Per questo avevamo trascurato l’idea di tornare in missione questa estate, ma…. puntuale il 3 agosto arrivava la telefonata dell’amico Giuliano Porcelli che con discrezione ci faceva presente che la missione di Menkulas, per la quale lo scorso anno tanto abbiamo lottato per rifornire di acqua corrente, non era presenziata nella settimana del ferragosto.

Chiuso il telefono, è bastato uno sguardo tra me e mia moglie Antonella, per capire che dovevamo partire e che con noi in Albania dovevano venire anche i nostri ragazzi.

Il tempo di prenotare il biglietto su uno delle tante navi traghetto Bari – Durazzo, e richiamavamo Giuliano per dare la nostra disponibilità dal 7 al 16 agosto.

Preparavamo con cura il materiale di consumo che ci sarebbe servito per il lavoro nell’ambulatorio e partivamo la sera del 7 agosto con il nostro Voyager stracarico di bagagli e viveri e con il cuore pieno di gioia ed entusiasmo per la presenza dei nostri figli.

La condivisione con i problemi del popolo albanese cominciava proprio dal viaggio: lunghe ore di fila ed attesa al porto di Bari, partenza con 6 ore di ritardo sulla nave stracarica di emigranti, intere famiglie di Albanesi che tornavano per le ferie estive dopo un anno di lavoro spesso duro e faticoso in Italia.

Noi 5 eravamo gli unici Italiani a bordo della nave, ma non avvertivamo alcun disagio poiché la semplicità e lo spirito di adattamento delle famiglia albanesi, gentili e disponibili al dialogo, ci faceva capire che questo popolo vuole progredire nella laboriosità e nell’onestà.

Arrivavamo a Durazzo alle 13,00 dell’otto agosto sotto un sole torrido ed un caldo asfissiante, e dopo ore e ore di attesa snervante alla dogana del porto finalmente partivamo alla volta di Bilishti, dove ci aspettavano le Suore MISSIONARIO DEL VANGELO, i nostri “Angeli Custodi”.

Attraversavamo con la nostra auto tutta l’Albania dalla costa adriatica al confine con la Grecia (circa Km. 380), passando per Tirana, Elbasan, Pogradez e Korce… ci accorgevamo subito che rispetto allo scorso anno molti tratti stradali sono migliorati e che questo enorme cantiere sta portando piano piano l’Albania verso un globale progresso socio-economico.

Verso le 20 finalmente arrivavamo a Bilishti, dove le Suore ci accoglievano con tanto calore ed entusiasmo, nella loro semplicità e povertà disarmante; durante la cena familiarizzavano con i nostri 3 ragazzi e dopo averci reciprocamente raccontato il vissuto dell’anno trascorso, ci si organizzava per il lavoro della settimana a Menkulas.

Con me ed Antonella nell’ambulatorio di Menkulas lavoravano Rigels e Marini, due ragazzi del posto, che ci davano un grandissimo aiuto come interpreti e come Assistenti alla poltrona.

L’ambulatorio era in ordine e funzionale; potevamo contare sull’acqua corrente e su di un validissimo gruppo elettrogeno, che suppliva egregiamente la cronica carenza di energia elettrica del villaggio; disponevamo, inoltre, di un riunito completamente operativo, e di un altro solo con la luce ed un aspiratore esterno rivelatosi utilissimo per le prime visite e per le estrazioni.

si curano moltissimi bimbiSette giorni di intenso ed ininterrotto lavoro dalle 8,30 alle 16,30, con un afflusso costante di 25-30 pazienti al giorno; la carie dentale è presente nel 100% della popolazione a causa della totale carenza di igiene orale e di cattive abitudini alimentari basate su un consumo eccessivo di merendine e caramelle dolcissime.

Proseguivamo le cure sospese dei colleghi che ci avevano preceduti, e cominciavamo tanti pazienti nuovi, dando la preferenza alla conservativa semplice ed alle estrazioni, pulizie tartaro ed istruzioni di igiene orale; la grande quantità di pazienti non ci permetteva di praticare cure endodontiche che richiedevano un’ora a paziente, ma nonostante ciò a fine settimana eravamo molto soddisfatti del lavoro eseguito, poiché avevamo potuto ultimare la maggior parte dei pazienti soprattutto ragazzi.

Dal canto loro, i nostri 3 figli, vivevano un’esperienza di vita unica insieme alle Suore ed ai loro coetanei albanesi.

“Sacrificare” una settimana di ferie per il volontariato, anche quest’anno è stata un’esperienza positiva poiché vissuta nel contesto familiare; io e mia moglie siamo certi che nessun viaggio, nessuna crociera, ci avrebbe regalato i momenti semplici, ma carichi di Vita e di Amore che abbiamo vissuto in Albania.

L’augurio e la speranza nostra è che il progetto “Prometeo” di cui l’Amico Giuliano Porcelli è responsabile nell’ambito di SMILE MISSION, si possa realizzare con la collaborazione di tutti i Colleghi, gli Odontotecnici e le Assistenti, che sono passati per Bilishti e Menkulas, indipendentemente dalla associazione di appartenenza.

Solo con una grande unione e tanta, tantissima buona volontà da parte di tutti, si potrà dare continuità a questa bella Missione, in una terra povera, ma volenterosa di progredire…… e le Sorelle FRANCESCANE DEL VANGELO di Bilishti saranno sempre pronte a sostenere e benedire il nostro lavoro!

Albania: si cambia, Bilish al via!

Di Giuliano Porcelli e Stefano Mitacchione – Maggio 2007

La sede di Smile mission in Albania è sempre operativa; queste fotografie documentano lo spostamento delle nostre attrezzature e dei relativi materiali dal poliambulatorio di Menkulas all’ospedale di Bilisht dove il direttore dell’ospedale ci ha messo a disposizione dei locali debitamente attrezzati. Il cambio di direttore dell’ospedale ha infatti sbloccato le prospettive, con il trasferimento dell’attrezzatura da Menkulas a Bilish.

L’operatività della struttura è quindi assicurata dalle risorse umane proprie della struttura pubblica albanese, coadiuvata dai nostri volontari, nel quadro di una attività complessiva sotto la diretta responsabilità del direttore sanitario dell’ospedale.

Questa nuova sede è sicuramente più comoda in quanto più vicina alla missione delle suore che ci ospitano, e ci consente un monitoraggio costante della nostra attività.

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