A 18’anni in Tanzania. Il racconto di Matilde

Il mio viaggio ebbe inizio una settimana dopo il mio diciottesimo compleanno.

Aspettavo il giorno della mia partenza con ansia ormai da mesi e finalmente potevo partire.

Dopo un lungo viaggio tra attese scali e aerei io e Francesco arriviamo a Dar es Salaam alle 4 di mattina. 

Prendiamo il taxi che ci porta al terminal degli autobus e nel tragitto ho la possibilità di assaggiare per quei primi istanti quell’africa che sarebbe stata la mia casa per le prossime tre settimane. 

Guardavo tutto con gli occhi spalancati, cercando di non sbattere le palpebre per non rischiare di perdermi anche solo un secondo di quel mondo così diverso nel quale ero arrivata. 

La stessa cosa succede nelle successive ore di autobus, tutto ciò che mi ero sempre immaginata, amplificato e davanti ai miei occhi. 

Arriviamo a Mlali, scarichiamo i nostri bagagli e il mio piede poggia su quell’infinita distesa di terra rossa che colora ogni parte del villaggio. 

Veniamo accolti dai frati francescani e da Juma con un caloroso “Karibu!“ ovvero benvenuti , ci mostrano le nostre camere molto accoglienti e curate dal gentilissimo e sempre allegro Thomas .

I giorni successivi scendo nel centro ortopedico pediatrico che si trova all’interno della missione. 

Fin dal primo momento vengo accolta da Baraka fisioterapista del centro che mi mostra a grandi linee come si svolge la loro giornata tipo. 

Le mie giornate così iniziano ad essere riempite dalla forza di volontà, dalla gioia e perseveranza di quei bambini che mi facevano crescere ogni giorno di più. Stavo con loro ogni giorno dalle 8 alle 5 esclusa un’ora per il pranzo. 

Nei primi giorni mi insegnano qualche parola, in un primo momento lo swahili mi sembra una lingua quasi impossibile da imparare ma piano piano mi accorgo di come che le parole le imparavo senza fare grandi sforzi e così, posso parlare più con i bambini anche se con grandi sorrisi e piccoli gesti ci si diceva tutto ciò che bisognava sapere. Il mio compito li era di stare con loro aiutarli a vestirsi, mangiare, tenergli compagnia, giocarci e farli ridere. 

Capitava anche che aiutassi Baraka a mettere qualche gesso, a rimuoverne altri o ad assistere ad interventi nella sala operatori del centro, davvero ben attrezzata. 

Il pomeriggio, appena i bambini finivano di cenare si andava a fare una passeggiata per il villaggio soprattutto il giovedì perché era giorno di mercato così ci si tuffava in quell’insieme infinito di colori che creano contrasti meravigliosi con la pelle dei loro indossatori. 

Giro in moto per tornare alla missione e raggiungere la musica che si sentiva da lontano per immergersi in tutto e per tutto in quel mondo che stava entrando sempre di più nel mio cuore. 

Ho creato dei legami davvero forti e veri con tutte le persone che ho potuto conoscere nel mio viaggio. Ognuna di loro mi ha regalato una piccola parte di se, padre Paulo, Baraka, Hilary, Juma, Teo, Justine ognuno di loro.

Per non parlare dei bambini così forti e perseveranti, mi hanno insegnato tanto senza nemmeno saperlo. 

Ogni necessità ogni bisogno che sembrava mancare passava in secondo piano perché il tempo lì era il mio unico bisogno, il tempo per potermi godere al massimo ogni secondo di quelle giornate e di quelle notti piene di stelle. 

Spero di poter tornare a Mlali ancora e ancora, è un posto magico che riempie il cuore con la sua pace e la sua semplicità di cui non mi stancherei mai. 

 

Matilde